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La geologia dell’Aspromonte

Il massiccio dell’Aspromonte si eleva maestoso, inviolabile e misterioso. Molto spesso chi lo visita, con lo stesso stato d’animo di un turista, rimane un po disorientato: i viaggiatori arrivano in Aspromonte sempre prevenuti salvo poi tornare in qualsiasi periodo dell’anno, stregati dalla solennità, quasi sacra, dei luoghi e dalla sua natura incontaminata e aspra.

Da un punto di vista geografico, il massiccio dell’Aspromonte è limitato, ad est dal Mar Ionio, a sud dallo stretto di Messina e ad Ovest dal Mar Tirreno mentre il confine settentrionale è ancora oggi oggetto di discussioni storiche e geografiche. Secondo altuni autori il confine settentrionale sarebbe segnato dai piani della Limina (in effetti salta subito all’occhio con la parola latina limen che significa confine, limite); invece secondo altri autori il confine settentrionale si trova lungo la fiumara Petrace, nel versante Tirrenico, passando lungo la fiumara Careri nel versante Ionico

In questo articolo parlerò della storia geologica dell’Aspromonte, data la particolarità delle rocce che lo costituiscono e lo rendono un “laboratorio a cielo aperto” che cattura l’attenzione dei geologi di tutta Europa.
La storia geologica dell’Aspromonte è strettamente legata all’evoluzione geologica del Mediterraneo Centrale, che verrà brevemente descritta nella prima parte dell’articolo.

Storia geologica del Mediterraneo Centrale

L’attuale assetto geologico dell’Orogene Calabro-Peloritano, di cui l’Aspromonte fa parte, è legato alle vicende geologiche del Mediterraneo Centrale che sono governate principalmente dall’interazione tra la placca europea e la placca africana.

schema mediterraneo centrale

Schema geologico del mediterraneo centrale.

L’episodio che regola geologia del Mediterraneo Centrale è rappresentato dalla collisione tra i due continenti avvenuta a partire dal Cretaceo Inferiore (circa 100 milioni di anni), la cui manifestazione morfologica più evidente è la formazione di importanti catene montuose, che come delle cicatrici, segnano la sutura dei due blocchi crostali.
Queste cicatrici, note come orogene collisonali, sono formate da rocce che un tempo costituivano i margini dei due continenti, accartocciate e accatastate le une sopra le altre a formare una pila di falde di ricoprimento.

L’Orogene Calabro-Peloritano rappresenta un segmento della lunga e articolata sutura originata da questa imponente collisione. La sua posizione e la sua particolare forma ad arco sono il risultato della deriva verso est di un frammento di questo orogene a seguito dell’apertura di due piccoli bacini oceanici: l’oceano Ligure-Piemontese ed il Mar Tirreno.
L’oceano Ligure-Piemontese ha separato il sistema Sardegna-Corsica dal margine mediterraneo europeo imponendo al blocco una rotazione in senso anti-orario a partire dall’Oligocene.
Il Mar Tirreno prosegue questa azione, separando dal blocco sardo-corso una altro frammento di corsa crosta continentale, oggi rappresentato dall’Orogene Calabro-Peloritano, e accavallando sui terreni del margine continentale africano, deformati a costruire la catena montuosa appenninica.
Lo scenario che ne deriva rende l’Orogene Calabro-Peloritano di grande interesse geologico: esso rappresenta infatti un frammento del continente europeo traslato verso E per l’apertura del tirreno e sovrapposto al margine africano deformato e accartocciato durante la collisione tra l’Europa e l’Africa.

Nell’Orogene Calabro-Peloritano si riconoscono diversi settori montuosi: la Sila e la Catena Costiera a nord, le Serre nel settore centrale, l’Aspromonte e i Monti Peloritani nel settore meridionale: questi ultimi in particolare rappresentano l’unico elemento geologico non ubicato in Calabria. Questi massicci sono delimitati da importanti allineamenti geologici: la Sila e la Catena Costiera sono tra loro divisi dalla Valle del Crati, una depressione tettonica che ha iniziato a svilupparsi da 3 milioni di anni fa (Pliocene). Il massiccio delle Serre è delimitato a nord dalla stretta di Catanzaro, una faglia trascorrente destra ubicata lungo la congiungente Palmi-Antonimina, attiva a partire dal tardo Paleocene (56 milioni di anni).

L’Orogene Calabro-Peloritano si presenta quindi come un puzzle di diversi blocchi crostali ognuno caratterizzato da una propria storia geologica, con elementi in comune ed altri peculiari. Frammenti di oceano interposto tra i due continenti prima della collisione, noto in letteratura come Tetide (dal nome della dea greca Teti, moglie del dio Oceano) si trovano deformati ed impilati assieme alle rocce che costituivano i margini continentali. Queste rocce, chiamate ofioliti, sono presenti solo nel settore settentrionale dell’OCP (Sila e Catena Costiera).

Storia geologica dell’Aspromonte

Il Massiccio dell’Aspromonte si trova nella porzione meridionale dell’Orogene Calabro-Peloritano. Esso è costituito da tre unità geologiche, ovvero tre complessi rocciosi, sovrapposti l’uni sugli altri ed ognuno dei quali caratterizzato da una storia geologica precisa. Queste unità sono:

  1. Unità della Madonna di Polsi (alla base)
  2. Unità dell’Aspromonte (unità intermedia)
  3. Unità di Stilo (unità superiore)

L’Unità della Madonna di Polsi è costituita da rocce metamorfiche derivanti da rocce sedimentarie alle quali si intercalavano subordinatamente rocce vulcaniche. Filladi, scisti, anfiboliti e marmi sono le principali rocce che costituiscono questa unità.
Così come questa unità, anche l’Unità dell’Aspromonte e l’Unità di Stilo sono costituite da rocce metamorfiche.
Nei primi anni degli anni 70 una frana imponente si è innescata – in seguito ad un importante evento pluviometrico – sulle rocce appartenenti all’Unità della Madonna di Polsi. Questa frana ha ostruito il greto della Fiumara Bonamico, formando il Lago Costantino.

frana lago costantino

L’imponente frana che ha generato il Lago Costantino

Le rocce metamorfiche dell’Unità dell’Aspromonte, anche se per certi versi simili alle rocce dell’unità della Madonna di Polsi, rivelano una storia molto più antica e complessa. Esse erano dei sedimenti che si erano deposti, dalla fine del Precambriano e durante tutto il Paleozoico (da >542 milioni di anni a circa 250 milioni di anni) lungo i margini settentrionali del supercontinente Gondwana che occupava parte dell’emisfero meridionale della Terra di allora. Verso la fine del Paleozoico (circa 300 milioni di anni), questo continente si amalgamò con altri più piccoli in una unica massa continentale, la Pangea. L’amalgamazione di questi continenti, detta “Orogenesi Varisica” (320-300 milioni di anni), produsse lunghe ed imponenti catene montuose oggi solo in parte conservate; in questo contesto enormi volumi di rocce sedimentarie e magmatiche vennero trasformate in rocce metamorfiche come gneiss, marmi ed anfiboliti.

Approfondimenti

Le informazioni geologiche presenti in questo articolo sono state tratte dalla “Guida Geologia dell’Aspromonte” (Cirrincione et al., 2016).
L’interno di questa guida è arricchito anche da bellissime foto degli affioramenti presenti nel Parco Nazionale dell’Aspromonte ed è corredato da una bella carta geologica.
Inoltre, nel secondo capitolo, vengono indicati dei sentieri di interesse geologico.

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Nel frattempo ingenti masse magmatiche solidificarono all’interno della crosta terrestre creando dei batoliti che costituiscono lo scheletro delle suddette catene montuose.
Il contatto tra l’Unità dell’Aspromonte e la sottostante Unità della Madonna di Polsi è contrassegnato da rocce caratterizzate da deformazioni di tipo duttile (che sono deformazioni che si hanno senza la perdita di coesione delle rocce) che sono il risultato dei lenti movimenti avvenuti durante l’accavallamento delle due unità circa 30 milioni di anni fa, lungo un binario posto all’interno della crosta terrestre (zona di taglio crostale). Lungo le zone di taglio le rocce subiscono deformazioni talmente intense da permettere ai blocchi crostali di scorrere l’uno sopra l’altro. Durante questo movimento le rocce preesistenti subiscono ulteriori deformazioni andando a formare delle rocce peculiari conosciute come miloniti.

Garnet porphyroblast.JPG

Gneiss milonitico a porfiroblasti di granato(rosso) e plagioclasio(bianco), CC BY-SA 1.0, Collegamento.

L’Unità di Stilo, posta in posizione superiore e anche essa composta da rocce metamorfiche (prevalentemente filladi e scisti), ha una storia geologica diversa da quelle delle altre due unità. Nelle rocce di questa unità è mantenuta la storia paleozoica, essendo priva di deformazioni dovute alle ultime fasi di accavallamenti lungo le zone di taglio crostali. Il contatto con la sottostante Unità dell’Aspromonte è caratterizzato da superfici di accavallamento relativamente superficiali. Lungo queste superfici le rocce subiscono deformazioni talmente intense da essere ridotte in frammenti minutissimi; queste rocce vengono chiamate cataclasiti.

Cataclasite Engelberg b.jpg

Sezione sottile, vista al microscopio, di cataclasite.Di Woudloper – Opera propria, Pubblico dominio, Collegamento da Wikipedia.

Sopra la catena a falde poggia – in contatto stratigrafico – una potente successione sedimentaria, depositata durante le ultime fasi di costruzione della catena: la formazione di Stilo-Capo d’Orlando. Questa formazione rocciosa è costituita principalmente da arenarie e conglomerati.
I monoliti della “Vallata delle Grandi Pietre“, il cui simbolo è Pietra Cappa, fanno parte di questa formazione rocciosa.

Pietra Cappa

Pietra Cappa, simbolo della Vallata delle Grandi Pietre, appartenente alla Formazione di Stilo – Capo d’Orlando.

Antonio Nirta
Antonio Nirta
Geologo classe '86, laureato in Scienze e Tecnologie Geologiche all'Università di Pisa. Oltre a fare divulgazione geologica, svolgo la libera professione di geologo ed insegno Matematica e Scienze. Adoro la scienza, la tecnologia e la fotografia. Lettore appassionato dei romanzi fantasy e dei romanzi storici, ho un debole per la pizza e tifo Juve.

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