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Come si forma uno tsunami

Uno tsunami, o maremoto, è un’onda che si forma per lo spostamento istantaneo di una grandissima massa d’acqua e che, quando avvicina alla costa, può raggiungere altezze molto elevate e diventare, ahimè, devastante.

D’altronde la parola tsunami deriva dal giapponese “tsu”=porto e “nami”=onda, proprio per la caratteristica che queste onde hanno di produrre danni nei porti e lungo le coste.

Un’onda di maremoto è diversa da un’ onda del mare prodotta dal vento per alcune caratteristiche: le onde marine prodotte dal vento muovono solo gli strati superiori della colonna d’acqua mentre le onde di tsunami muovono tutta la colonna d’acqua, dal fondale alla superficie, e sono molto più veloci.

Adesso si capisce perché le onde di tsunami sono molto energiche energia e penetrano nel territorio per parecchie centinaia di metri, causando gravi danni!

tsunami

Come si forma uno tsunami

Uno tsunami si può formare principalmente a causa di:

  • forti terremoti sottomarini;
  • frane sottomarine;
  • eruzioni vulcaniche;
  • caduta di meteoriti in mare ( sono molto rari!).

Tsunami generato da terremoto

La maggior parte degli tsunami è innescata da un forte terremoto, che avviene sotto il mare o in prossimità della costa.

Affinché un terremoto inneschi uno tsunami deve avere queste caratteristiche:

  • avere una magnitudo molto elevata ( maggiore del grado 6.5);
  • un ipocentro non troppo profondo;
  • essere in grado di spostare il fondo marino per mettere in moto la massa d’acqua sovrastante;

Quando avviene un forte terremoto sottomarino una parte del fondale marino si solleva verticalmente in modo brusco, a causa dello spostamento della faglia che innesca il terremoto. La massa d’acqua sovrastante perde il suo equilibrio e comincia a formare in superficie delle onde, alte poche decine di centimetri e con una grande lunghezza d’onda.

In mare aperto le onde di tsunami sono quasi impercettibili, di rado superano il metro di altezza e la loro lunghezza d’onda può essere di centinaia di chilometri: se una nave si trova a passare nella zona di generazione dello tsunami può non accorgersi del fenomeno.

tsunami-terremoto
Innesco dello tsunami a causa di un terremoto

Tsunami generato da frana

Lo scivolamento di sedimenti nelle frane sottomarine, spesso attivate da terremoti, o la caduta in mare di grossi blocchi rocciosi o di sedimenti in caso delle frane che avvengono in superficie, possono spostare la massa d’acqua e quindi formare uno tsunami.

Gli tsunami prodotti da frane possono essere molto distruttivi nelle coste vicine ma generalmente non sono in grado di propagarsi per grandi distanze nell’entroterra.

tsunami-frana
Schema dell’innesco di uno tsunami da parte di una frana

Nel Mar Mediterraneo si posso formare tsunami sia a causa di faglie che a causa di fenomeni di subduzione.

Gli tsunami da fagliesono relativamente meno forti rispetto a quelli di subduzione, ma possono essere molto pericolosi a livello locale: un esempio è quello che ha colpito le coste della Calabria e della Sicilia immediatamente dopo il terremoto di Messina nel 1908.

Nel mar Mediterraneo esistono diverse strutture geologiche che possono creare tsunami, tra le quali la più importante è l’Arco Ellenico dove la placca europea e quella africana s’incontrano. Si tratta di una zona di subduzione, una struttura geologica responsabile della formazione degli tsunami da subduzione.

Molti geologi ritengono che il terremoto del 21 luglio 365 DC, con magnitudo superiore a grado otto, si sia generato proprio per il movimento di un segmento di questa struttura, collocato in un tratto di mare a sud ovest di Creta.

Tsunami generati da eruzione vulcanica

Spesso delle violente eruzioni vulcaniche sottomarine, quando il cratere eruttivo del vulcano sottomarino si trova vicino alla superficie dell’acqua, possono creare una forza impulsiva che sposta la colonna d’acqua e genera il maremoto.

Gli tsunami di origine vulcanica possono essere prodotti anche dall’impatto in mare di materiale piroclastico o dallo scivolamento in mare di masse di materiale lavico incandescente che scivola lungo i fianchi del vulcano.

Infine, in caso di eruzioni particolarmente violente il collasso in mare di tutta o parte della camera magmatica del vulcano può generare un maremoto. Ad esempio ciò accadde intorno al 1600 a.C. al vulcano dell’isola di Santorini, nel Mar Egeo, che produsse un devastante maremoto che interessò gran parte del Mediterraneo orientale.

Anche in Indonesia nel 1883 durante una forte eruzione il vulcano Krakatoa collassò generando un maremoto con onde alte oltre 40 metri. 

Tsunami generati dalla caduta di meteoriti

Gli tsunami generati dall’impatto di meteoriti sono i più rari.

Il cratere di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan in Messico, è la testimonianza – che nella storia passata del nostro pianeta – c’è stata la caduta di un meteorite che avrebbe provocato uno tsunami di dimensioni catastrofiche.

Questo tipo di tsunami si possono riprodurre con un facile esperimento: basta riempire una vasca d’acqua e lanciare al suo interno un sasso.

Come si riconosce uno tsunami

Le onde di tsunami hanno una forma diversa da quella delle onde marine: due onde di maremoto hanno le creste che si trovano a decine o centinaia di chilometri.

Inoltre le onde di tsunami sono molto più veloci delle onde generate dal vento: in mare aperto possono toccare 700-800 km/ora! Le onde di tsunami in mare aperto passano spesso inosservate per la loro scarsa altezza: una nave in mare aperto può essere colpita da uno tsunami senza che i passeggeri se ne accorgano.

Avvicinandosi della costa le onde cambiano forma, raggiungendo anche alcune decine di metri. Inoltre, conservando pressoché inalterata la loro energia riescono ad abbattersi con estrema violenza anche su coste molto lontane dal loro punto di formazione.

Questo è un fenomeno chiamato teletsunami, molto comune con i grandi tsunami come quello del 2004 di Sumatra, che ha causato vittime in alcune nazioni costiere africane, a molte migliaia di chilometri di distanza.

Questo spiega perché le onde di tsunami riescono ad entrare nell’entroterra anche per chilometri, travolgendo tutto ciò che incontrano lungo il loro tragitto.

Spesso in occasione di un maremoto si nota un iniziale ritiro delle acque. In alcuni filmati girati in Thailandia – in occasione dello tsunami del 2004 – si vedono grandi pesci che annaspano sul fondale coperto.

In genere questo fenomeno è dovuto all’orientazione, rispetto alla costa, della faglia che ha generato il terremoto: se il blocco di faglia più vicino alla costa si abbassa, richiama l’acqua verso la zona sorgente. In realtà questo ritiro non è altro che il cavo dell’onda (onda negativa) che annuncia l’arrivo della cresta e la conseguente inondazione.

Uno tsunami può sembrare una marea che solleva – velocemente – il livello dell’acqua anche di molti metri oppure si può presentare come una serie di onde, delle quali la prima non è necessariamente la più grande. Infine uno tsunami può arrivare come un vero e proprio muro d’acqua che ha un impatto devastante sulle coste.

Possono esserci anche tsunami “piccoli”, che altezze di poche decine di centimetri, ma che possono essere molto pericolosi per le persone. Questi tsunami al loro arrivo hanno velocità anche di quaranta chilometri l’ora, sufficienti per far cadere a terra e trascinare in mare qualsiasi adulto. In alcuni video di sorveglianza girati durante lo tsunami di Kos – Bodrum del 21 luglio 2017 è possibile vedere come queste piccole onde di tsunami siano riuscite a spostare automobili per decine di metri.

Gli tsunami in Italia

L’Italia è da sempre interessata da tsunami: dal 79 d.C. ( eruzione Pliniana del Vesuvio) ad oggi sono avvenuti 72 maremoti, la maggior parte di debole intensità, ma alcuni anche distruttivi.

Le coste italiane maggiormente soggette a rischio tsunami sono quelle dello Stretto di Messina, della Sicilia orientale, della Calabria, del Gargano e della Liguria.

Le coste Calabro-Siciliane sono state interessate da numerosi maremoti ( la maggior parte di quelli più distruttivi).

Nel gennaio 1693, dopo un fortissimo terremoto, su tutta la costa della Sicilia orientale da Messina a Siracusa si abbatté uno tsunami che inondò parte della città di Catania causando seri danni.

Nel 1783-1784, durante una forte crisi sismica durata oltre un anno, le coste calabresi tirreniche furono interessate da 9 eventi di tsunami seguiti ad alcune delle più forti scosse. Di questi uno è stato il più disastroso, accaduto il 6 febbraio 1783: il terremoto ha provocato il distacco di una grossa parte di una montagna a ridosso di Scilla che è caduta in mare generando un forte maremoto con onde fino a 9 metri sulla spiaggia di Scilla e causando oltre 1500 vittime.

Il maremoto italiano più distruttivo e conosciuto è avvenuto nell’area dello stretto di Messina, a seguito del terremoto di Messina nel dicembre 1908. Il terremoto distrusse quasi totalmente le città di Messina e Reggio Calabria e molti altri villaggi vicini ed un violento tsunami seguì la scossa principale causando ingenti danni e migliaia di vittime, con onde che si propagarono fino a Malta e raggiunsero i 13 m di altezza sulle coste calabre, a Pellaro e 11,70 m a S. Alessio sulle coste siciliane.

Tsunami da attività vulcanica ci sono stati nella zona dei campi Flegrei e nelle Isole Eolie. Proprio alle Eolie che si è verificato il più distruttivo, quello di Stromboli del dicembre 2002, generato da frane di materiale vulcanico nell’area della Sciara del Fuoco (fianco NW del vulcano). Le onde, alte 11 metri, hanno investito in poco tempo le coste dell’isola di Stromboli distruggendo molte opere lungo le coste e danneggiamento gravemente di qualche abitazione. Lo tsunami ha interessato tutte le Eolie ed ha raggiunto le coste nord della Sicilia, l’isola di Ustica e debolmente le coste della Campania.

Dopo questo evento una squadra dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha effettuato una campagna di osservazioni e misure post-evento su tutte le coste investite dallo tsunami per ottenere dati necessari per la realizzazione di modelli di propagazione e di mappe di pericolosità.

Approfondimenti

Per approfondire il tema trattato in questo post, ti consiglio i seguenti testi:

Ti consiglio anche di dare un’occhiata alla mappa globale del rischio tsunami.

Antonio Nirta
Antonio Nirta
Geologo classe '86, laureato in Scienze e Tecnologie Geologiche all'Università di Pisa. Oltre a fare divulgazione geologica, svolgo la libera professione di geologo ed insegno Matematica e Scienze. Adoro la scienza, la tecnologia e la fotografia. Lettore appassionato dei romanzi fantasy e dei romanzi storici, ho un debole per la pizza e tifo Juve.

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